IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA 
                            Sezione Terza 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1494 del 2016, proposto da: D. M.  rappresentato  e
difeso dall'avvocato Paolo Soattini, con domicilio eletto  presso  la
segreteria  del  Tribunale  amministrativo  regionale  Lombardia   in
Milano, via Corridoni, n. 39; 
    Contro    Ministero    della     giustizia     -     Dipartimento
dell'amministrazione  penitenziaria,  in  persona  del  Ministro  pro
tempore,   rappresentato   e   difeso   per   legge   dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato,  con  domicilio  eletto  in  Milano,  via
Freguglia, n. 1; 
    per  l'annullamento  del  provvedimento   del   Ministero   della
giustizia,    Dipartimento    dell'amministrazione     penitenziaria,
Provveditorato regionale per la Lombardia, Ufficio  del  personale  e
della formazione emesso in data 20 aprile 2016 e notificato  in  data
21 aprile 2016 di rigetto dell'istanza di  congedo  straordinario  ex
art. 42, comma 5 decreto legislativo n. 151/2001; 
    nonche' di tutti gli atti connessi. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti gli atti della causa: 
    Visto l'atto di costituzione  in  giudizio  del  Ministero  della
giustizia; 
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  20  dicembre  2017  la
dott.ssa Valentina Mameli e uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1) Il ricorrente, agente penitenziario scelto in servizio  presso
la Casa circondariale di V. e gia' fruitore di permesso retribuito di
tre giorni mensili ai sensi della legge n. 104/1992 per assistere  il
padre malato, ha fatto istanza in data 13 aprile 2016 per ottenere il
congedo straordinario retribuito di cui all'art. 42, comma 5, decreto
legislativo n. 151/2001. 
    La richiesta  e'  stata  rigettata  dall'Amministrazione  con  il
provvedimento prot. 30213/cong del 20 aprile 2016 sul presupposto che
l'assenza di convivenza tra l'istante e il genitore  siano  causa  di
discontinuita' assistenziale,  in  quanto  il  padre  del  ricorrente
risiede a P. e il dipendente  vive,  invece,  a  V.  per  ragioni  di
servizio, anche se formalmente la sua residenza anagrafica risulta  a
P. 
    2)  L'interessato  ha  impugnato  il  provvedimento  di  rigetto,
chiedendone l'annullamento, previa tutela cautelare. 
    Si e'  costituito  in  giudizio  il  Ministero  della  giustizia,
resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto. 
    Questo Tribunale, con ordinanza n. 901 del  13  luglio  2016,  ha
accolto la domanda cautelare. 
    Il Consiglio di Stato sez. IV,  con  ordinanza  n.  4750  del  21
ottobre 2016, ha accolto l'appello cautelare proposto  dal  Ministero
«Rilevato  che  l'appello  cautelare  all'esame  appare  sorretto  da
sufficienti elementi di fondatezza, con riferimento, in  particolare,
alla contestata sussistenza del requisito  della  convivenza  con  la
persona  disabile  secondo  la  previsione  legislativa  recante   il
beneficio per cui e' causa». 
    In vista della trattazione della causa nel merito il Ministero ha
depositato   una   memoria   difensiva   insistendo   nelle   proprie
conclusioni. 
    3) Il ricorso proposto  e'  affidato  ai  motivi  di  gravame  di
seguito sintetizzati: 
    I) violazione dell'art. 42, comma 5 del  decreto  legislativo  n.
151/2001, dell'art. 80, legge n. 388/2000 e dell'art. 3  della  legge
n. 104/1992; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di
istruttoria,    motivazione    errata,     ingiustizia     manifesta:
l'Amministrazione  avrebbe  assunto   il   diniego   a   seguito   di
un'istruttoria insufficiente. Invero lo stato  di  famiglia  prodotto
attesterebbe la coincidenza della residenza anagrafica del ricorrente
e di quella del genitore da assistere. Inoltre nessun altro  fratello
beneficerebbe del congedo di cui all'istanza; 
    II) violazione dell'art.  10-bis  della  legge  n.  241/1990:  il
diniego non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di  preavviso
di rigetto. 
    4) Il Collegio ritiene che il secondo motivo di gravame attinente
al  vizio  procedimentale  (omessa  comunicazione  del  preavviso  di
rigetto)  non  sia  meritevole  di  accoglimento,  tenuto  conto  del
concreto supporto motivazionale del  provvedimento  impugnato  e  del
disposto di legge applicato nel caso di specie. 
    L'Amministrazione infatti ha rigettato l'istanza considerando che
l'art. 42, comma 5 del decreto legislativo n.  151/2001  richiede  la
preesistente convivenza del  soggetto  che  presta  assistenza  quale
presupposto per la concessione del congedo, non potendo  l'assistenza
al  disabile  essere   frammentaria.   Ora,   stante   il   contenuto
motivazionale del rigetto, non  si  vede  quale  apporto  sostanziale
avrebbe potuto fornire l'interessato tale da mutare il contenuto  del
provvedimento. 
    5) In relazione al primo motivo di gravame  il  Collegio  ritiene
non condivisibili le deduzioni del ricorrente,  sotto  un  duplice  e
concorrente profilo. 
    Da un punto di vista di fatto, il ricorrente presta servizio come
agente di polizia penitenziaria presso la Casa circondariale di V. In
ossequio al disposto di cui all'art. 18 della legge n.  395/1990,  ha
la sua dimora abituale nel Comune di V. 
    Risulta pertanto evidente come  non  possa  ritenersi  coabitare,
ovvero convivere con il padre, residente a P. 
    Da un  punto  di  vista  giuridico  il  ricorrente  fornisce  del
concetto di «convivenza»  un'interpretazione  non  condivisibile,  in
quanto centrata sul riferimento formale della  residenza  anagrafica,
che, nel caso di specie, non corrisponde  alla  reale  situazione  di
fatto. 
    D'altro canto, osserva  il  Collegio,  la  norma  e'  chiara  nel
richiedere quale (unico) requisito per la fruizione  del  congedo  in
questione la convivenza tra  il  figlio  istante  e  il  genitore  da
assistere. 
    L'art. 42, comma 5 del decreto legislativo  n.  151/2001  dispone
infatti che «Il  coniuge  convivente  di  soggetto  con  handicap  in
situazione di gravita' accertata ai sensi dell'art. 4, comma 1, della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui
al comma 2 dell'art. 4  della  legge  8  marzo  2000,  n.  53,  entro
sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza,  decesso  o  in
presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha  diritto
a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in  caso  di
decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre  e
della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno  dei
figli conviventi; in caso di  mancanza,  decesso  o  in  presenza  di
patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a  fruire  del
congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi». 
    Trattandosi di un beneficio, che, seppure strettamente funzionale
alla tutela della salute  e  della  famiglia,  determina  una  deroga
rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro, le  ipotesi
contemplate dalla legge (incluse  quelle  riconosciute  con  pronunce
additive dalla Corte costituzionale)  devono  considerarsi  tassative
(cfr. Tribunale amministrativo regionale Reggio Calabria  7  novembre
2012 n. 656), con la conseguenza che non si puo' sic et  simpliciter,
attraverso  una  mera  interpretazione  estensiva,  ammettere   detto
beneficio in assenza  di  una  condizione  tassativa  prevista  dalla
norma, ovvero, nel caso di specie, il requisito della convivenza. 
    6) Tuttavia, ad avviso del Collegio, sussistono i presupposti per
dubitare della legittimita' costituzionale della norma in esame. 
    6.1) Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    Come sopra osservato, la pretesa azionata dal ricorrente non puo'
che essere esaminata in riferimento alla disposizione censurata  che,
cosi' come e' formulata e stante l'impossibilita' di  attribuirle  un
significato diverso e piu' lato, non gli consentirebbe di  conseguire
il congedo parentale retribuito, non possedendo  il  requisito  della
convivenza e  fondandosi  il  provvedimento  esclusivamente  su  tale
profilo. 
    L'Amministrazione infatti si  e'  limitata  a  fare  applicazione
della norma in vigore che non si  presta  ad  un'interpretazione  del
concetto  di  convivenza  come  coincidente  con  la  mera  residenza
anagrafica. 
    Pertanto  si  rende  necessario   sollevare   la   questione   di
legittimita'   costituzionale   il    cui    accoglimento    soltanto
consentirebbe al Collegio di annullare il provvedimento impugnato. 
    6.2) Sulla non manifesta infondatezza della questione. 
    Il  Collegio  ritiene  di  sottoporre  al  vaglio   della   Corte
costituzionale l'art. 42, comma 5 del decreto legislativo n. 151/2001
nella parte in cui richiede, ai fini dell'ottenimento del congedo ivi
previsto,  la  preesistente  convivenza  del  figlio  richiedente  il
beneficio con il genitore da assistere, e non consente invece che  la
convivenza costituisca una condizione richiesta durante la  fruizione
del congedo. 
    Ad  avviso  di  questo  giudice  la  questione  di   legittimita'
costituzionale va posta in relazione agli articoli 2, 3, 4, 29, 32  e
35 Cost. 
    6.2.1) Come gia' riconosciuto dalla  Corte  costituzionale  nella
prima sentenza additiva sull'art. 42  decreto  legislativo  26  marzo
2001, n. 151, «la tutela  della  salute  psico-fisica  del  disabile,
costituente la finalita' perseguita dalla legge 5 febbraio  1992,  n.
104  (Legge-quadro  per  l'assistenza,  l'integrazione  sociale  e  i
diritti delle persone handicappate), che la norma in  esame  concorre
ad  attuare,  postula  anche  l'adozione  di   interventi   economici
integrativi  di  sostegno  alle  famiglie,   il   cui   ruolo   resta
fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti  portatori  di
handicap. Tra tali interventi  si  inscrive  il  diritto  al  congedo
straordinario  in  questione,  il  quale  tuttavia  rimane  privo  di
concreta attuazione proprio in situazioni che necessitano di un  piu'
incisivo e adeguato sostegno» (Corte cost. 16 giugno 2005,  n.  233),
come quella in cui il disabile non puo' contare  sull'assistenza  dei
parenti piu' prossimi, perche' non conviventi. 
    Ancora piu' incisiva la lettura fornita nel 2007 dalla Corte che,
riprendendo il precedente intervento correttivo, ha sottolineato  che
«il congedo straordinario  retribuito  si  iscrive  negli  interventi
economici integrativi di sostegno alle famiglie che si  fanno  carico
dell'assistenza della persona  diversamente  abile,  evidenziando  il
rapporto di stretta e diretta correlazione di detto istituto  con  le
finalita' perseguite dalla legge n. 104 del 1992, ed  in  particolare
con  quelle  di  tutela  della  salute  psico-fisica  della   persona
handicappata e di promozione della sua integrazione  nella  famiglia.
Risulta, pertanto, evidente che l'interesse primario cui e'  preposta
la  norma  in  questione  -  ancorche'   sistematicamente   collocata
nell'ambito di un corpo normativo in materia  di  tutela  e  sostegno
della maternita' e paternita'  -  e'  quello  di  assicurare  in  via
prioritaria la continuita' nelle cure e nell'assistenza del  disabile
che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall'eta'  e
dalla condizione di figlio  dell'assistito»  (Corte  cost.  8  maggio
2007, n. 158). 
    Ancora la Corte, nel correggere ulteriormente il contenuto  della
disposizione,  ha  ribadito  che  la  ratio  dell'istituto  «consiste
essenzialmente nel favorire l'assistenza al disabile grave in  ambito
familiare e nell'assicurare continuita' nelle cure e nell'assistenza,
al fine di evitare lacune  nella  tutela  della  salute  psico-fisica
dello stesso, e cio' a prescindere dall'eta' e  dalla  condizione  di
figlio di quest'ultimo» (Corte cost. 30 gennaio 2009, n. 19). 
    Con l'ultimo intervento (Corte cost. 18 luglio 2013, n.  203)  la
Consulta ha compreso nel novero dei soggetti legittimati a fruire del
congedo di cui all'art.  42,  comma  5  del  decreto  legislativo  n.
151/2001, e  alle  condizioni  ivi  stabilite,  anche  il  parente  o
l'affine entro il  terzo  grado  convivente,  in  caso  di  mancanza,
decesso o in presenza di patologie invalidanti degli  altri  soggetti
individuati dalla disposizione impugnata,  idonei  a  prendersi  cura
della persona in situazione di disabilita' grave. 
    In tale occasione la Corte ha avuto modo  di  affermare  che  «il
congedo  straordinario  di  cui  all'art.  42,   comma   5,   decreto
legislativo n. 151 del 2001, fruibile per l'assistenza delle  persone
portatrici di handicap grave, costituisce uno strumento  di  politica
socio-assistenziale,  basato  sia  sul  riconoscimento   della   cura
prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione  delle  relazioni  di
solidarieta' interpersonale e intergenerazionale, di cui la  famiglia
costituisce esperienza primaria, in attuazione degli articoli  2,  3,
29, 32 e 118, comma 4, Cost.» e  dunque  la  limitazione  dell'ambito
soggettivo   di   applicazione   dell'istituto   puo'    pregiudicare
l'assistenza del disabile grave in ambito familiare. 
    6.2.3) Posti tali principi,  la  norma  censurata,  che  pure  ha
sempre riconosciuto e valorizzato il ruolo  sociale  della  famiglia,
quale  momento  di  collegamento  fra  la  comunita'  piu'  ampia   e
l'individuo,  che  cosi'  puo'  mantenere  e  sviluppare  la  propria
personalita' (cfr. Tribunale amministrativo regionale Reggio Calabria
n. 656/2012 cit.) nel prevedere quale prerequisito la convivenza  tra
il   figlio   istante   e   il   genitore   da    assistere    limita
ingiustificatamente, sotto un profilo  oggettivo,  i  legittimati  ad
ottenere il congedo, violando in tal modo gli articoli 2, 3, 29 e  32
Cost. 
    In particolare il combinato disposto di cui agli articoli 2, 29 e
32 Cost. fa  emergere  una  legittimazione  della  famiglia  nel  suo
insieme - come insieme di rapporti affettivi - a  divenire  strumento
di assistenza del disabile; legittimazione che deriva sia dal  dovere
di solidarieta', che vincola comunitariamente ogni congiunto, sia dal
corrispondente  diritto  del  singolo  di  provvedere  all'assistenza
materiale e morale degli altri membri, ed in  particolare  di  quelli
piu' deboli e non autosufficienti,  secondo  le  proprie  infungibili
capacita'. 
    Assegnare alla preesistente convivenza il valore di condicio sine
qua non per il riconoscimento di taluni specifici diritti postula una
lettura restrittiva dell'assistenza  familiare,  limitata  al  nucleo
convivente,  e  rispecchia   una   visione   statica   e   presuntiva
dell'organizzazione familiare, che puo' rivelarsi  incompatibile  con
la necessita' di prendersi cura, dall'oggi al domani, di una  persona
divenuta gravemente disabile, nonche' non  coerente  con  il  moderno
dispiegarsi dell'esistenza umana. Le  situazioni  di  necessita'  che
portano i figli ad allontanarsi dal nucleo familiare di origine  -  e
dunque a non convivere  con  i  genitori  -  non  possono  costituire
ostacolo  alla  concreta   attuazione   dell'inderogabile   principio
solidaristico di cui all'art. 2 Cost. 
    Attuazione che ben puo' essere realizzata prevedendo l'obbligo di
convivenza non gia' ex ante (ovvero al  momento  della  presentazione
dell'istanza di congedo) ma durante la fruizione del congedo. 
    La  contrarieta'  alla  funzione  solidaristica  della   famiglia
rinvenibile dal combinato  disposto  delle  norme  richiamate  emerge
chiaramente laddove si pensi  che  proprio  l'assenza  di  convivenza
determina la necessita'  per  un  figlio  di  richiedere  il  congedo
straordinario,  non  avendo  altro  modo   di   prestare   assistenza
continuativa al genitore disabile che si trovi  nella  situazione  di
non avere nessun  altro  famigliare  in  grado  di  fornire  adeguato
sostegno. 
    6.2.4) Sussiste inoltre ad  avviso  del  Collegio  la  violazione
dell'art. 3 Cost. 
    Ritenere infatti che la «convivenza» costituisca un requisito che
deve sussistere al momento della  presentazione  della  domanda,  una
sorta  di  precondizione,   determina   un'evidente   disparita'   di
trattamento, e dunque una violazione dell'art. 3  Cost.,  tra  coloro
che liberamente possono scegliere il luogo in cui risiedere (e dunque
convivere con il genitore) e quanti, invece, per ragioni indipendenti
dalla loro volonta', non possono compiere tale scelta,  come  avviene
nel caso di specie. 
    La violazione dell'art. 3 Cost. si combina poi con la  violazione
degli articoli 4 e 35 Cost.  laddove  di  fatto  la  norma  censurata
discrimina  i  soggetti  legittimati  ad  ottenere  il  beneficio  in
questione in ragione del tipo di lavoro svolto. 
    6.2.5) Sotto altro concorrente profilo l'art.  42,  comma  5  del
decreto legislativo n. 151/2001 si pone in contrasto con il combinato
disposto di cui agli articoli  2  e  3  Cost.,  laddove  richiede  un
requisito ulteriore rispetto a quanto previsto  dalla  disciplina  di
altri istituti aventi la medesima finalita' assistenziale. 
    Ci si riferisce in particolare ai permessi di  cui  all'art.  33,
comma 3 della legge n. 104/1992. 
    Posto che vi e' una «stretta  e  diretta  correlazione  di  detto
istituto con le finalita' perseguite dalla legge n. 104 del 1992,  ed
in particolare con quelle di tutela della salute  psico-fisica  della
persona handicappata e di promozione  della  sua  integrazione  nella
famiglia» (Corte cost. 8 maggio 2007, n. 158),  va  rilevato  che  il
legislatore, con l'art. 24, comma 1, lettera a), della legge  n.  183
del 2010, ha modificato l'art. 33, comma 3, della legge  n.  104  del
1992, escludendo espressamente la convivenza quale presupposto per la
concessione del beneficio (tre giorni di permesso mensile  retribuito
coperto da contribuzione figurativa), subordinando la fruizione dello
stesso alla sola esistenza di un vincolo  di  matrimonio,  parentela,
affinita' (entro il secondo grado e, in casi  particolari,  entro  il
terzo grado) tra il lavoratore dipendente  che  domanda  il  permesso
retribuito e la persona disabile necessitante di assistenza. 
    Risulta del tutto irragionevole una disciplina  differenziata  di
istituti preordinati alla tutela dei medesimi valori  costituzionali,
attuati  attraverso  il  medesimo   strumento   solidaristico   della
famiglia, quale insieme dei rapporti di vincolo affettivo. 
    Nel caso di specie tale irragionevolezza emerge in concreto, dato
che il ricorrente fruisce dei permessi mensili ai sensi  della  legge
n. 104/1992. 
    7) In conclusione questo Tribunale ritiene che l'art. 42, comma 5
del  decreto   legislativo   n.   151/2001   sia   costituzionalmente
illegittimo laddove pone quale prerequisito per ottenere  il  congedo
ivi disciplinato la preesistente convivenza con il soggetto disabile,
in luogo di  prevedere  la  convivenza  quale  condizione  necessaria
durante la fruizione del congedo. 
    Cio'  premesso,  questo  Tribunale  solleva   la   questione   di
legittimita'  costituzionale   dell'art.   42,   comma   5,   decreto
legislativo 26 marzo 2001 n. 151, per violazione degli articoli 2, 3,
29,  32,  35  Cost.  nella   parte   in   cui   richiede,   ai   fini
dell'ottenimento del congedo, la preesistente  convivenza  dei  figli
con il soggetto da assistere, secondo i  profili  e  per  le  ragioni
sopra indicate, con sospensione del giudizio fino alla  pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  italiana  della  decisione
della Corte costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi  e  per
gli effetti di cui agli articoli 79 ed  80  del  codice  procedimento
amministrativo e art. 295 c.p.c. 
    Riserva al definitivo ogni  ulteriore  decisione,  nel  merito  e
sulle spese.